I miei numeri magici

Oggi compio quarant’anni. “Ma guarda che l’età è solo un numero”, mi ripetono gli amici preoccupati che possa prenderla male. E invece io vorrei spiegargli che dietro queste due piccole cifre, di numeri ce ne sono tantissimi altri. Per esempio ci sono il 23 e il 26, cioè l’età di mia madre e di mio padre quando sono nato. Due ragazzini, ma due ragazzini con una forza e un’energia che io non ho neanche adesso. Ci sono i 17 mesi di differenza tra me e mio fratello maggiore, grazie ai quali io non ho mai saputo come sarebbe stato più brutto il mondo vissuto senza di lui. Ci sono i 4 nonni che ho avuto il privilegio di avere, che anche quando se ne sono andati hanno lasciato un’impronta d’amore che ancora passa di generazione in generazione nella mia famiglia, l’eredità più bella. C’è il 1986, che a 10 anni mi ha regalato in un colpo solo True Blue di Madonna e il mio primo viaggio negli Stati Uniti. C’è il 28, numero civico di Via Sabazio dove ho abitato fino a quando ho lasciato casa dei miei. C’è l’11, l’età che avevo quando mi è arrivata una sorella dolcissima, che ha portato noi fratelli al numero magico di 3. Ci sono i 9 minuti che ci mettevo per arrivare a piedi ogni giorno alla scuola media Settembrini prima e il liceo Giulio Cesare poi. C’è il 2 ottobre 1992, quando a 16 anni ho detto a qualcuno per la prima volta che sono gay. Mentre parlavo mi girava la testa. C’è il 50 di cilindrata del motorino con cui ho scorrazzato per le strade dorate di Roma in piena libertà prima ancora di prendere la patente. E poi 20, gli anni che avevo quando ho conosciuto un ragazzo di nome Manlio, e di nuovo il numero magico 3, che stavolta però non è tanto magico perché è il numero di volte che mi ha lasciato, prima di decidere di stare con me. 501 era il numero dei miei jeans preferiti e il suo inverso,105, quello del mio voto di laurea in Scienze politiche. C’è il 17, il giorno di febbraio in cui sono nato io e quello di settembre in cui è nato Manlio, e quello di agosto in cui ci siamo messi insieme e anche il numero civico del primo indirizzo in cui siamo andati ad abitare. Alla faccia di chi pensa che il 17 porti male. Ci sono i 4 anni in cui ho fatto il DJ e c’è il 2003, l’anno in cui mi sono trovato il primo vero lavoro. C’è il 31 di dicembre in cui all’età di 31 anni sono diventato papà 2 volte in un giorno solo: 2 bambine, Clelia e Maddalena, che hanno illuminato la mia vita come fasci di luce abbaglianti, sono nate grazie a 2 donne, Tara e Jamie, a cui sarò eternamente riconoscente. C’è il 1206, il codice postale del nostro nuovo indirizzo a Ginevra, al quinto piano di Boulevard des Tranchées 14. Chi si sarebbe mai immaginato che saremmo finiti in Svizzera. C’è il 15, la tiepida giornata di luglio in cui io e Manlio ci siamo sposati davanti a pochi amici nel municipio di Eaux Vives. 7, i posti a sedere delle ultime 4 automobili che abbiamo avuto fino a oggi e 0 le volte che mi sono ubriacato. Ho risposto a 213 domande di genitori nella mia rubrica su Internazionale e poi ci sono i 3.256 grammi di amore con cui nel 2011 Bartolomeo ha portato i miei figli al magico numero 3 e la nostra famiglia a un classico 3×2, per la gioia dell’altro papà che lavora nel marketing. 3 è il numero di libri che – incredibile – ho pubblicato, quello di varicelle che ho curato e anche quello di paesi in cui ho abitato: nuova tappa la Danimarca, con le sue 1.500 corone per una bici usata e tutti i chilometri percorsi su 2 ruote sotto il sole, la pioggia, il vento o la neve. E pedala, pedala, sono arrivato a 40. Che, amici miei, è molto più che solo un numero: è la somma di decine di obbiettivi importanti che sento di aver raggiunto e la sottrazione di parecchie occasioni perse; è la divisione di centinaia di attimi di pura felicità per le giornate grigie passate con la testa bassa; è la moltiplicazione per tre bambini del più grande amore che ho mai provato; è l’affetto elevato alla massima potenza di mille volti amici che hanno decorato questi miei anni come le stelle nel cielo della notte. Ed è anche per merito vostro che arrivo a questo giorno potendo dire: “Non potrei desiderare nulla di più”. Quindi vi ringrazio tutti, davvero, e penso con un sorriso a quali altri numeri s’inventerà il destino per il resto del mio viaggio. Claudio

 

Una foto vale mille parole

Ve lo dico subito: non sento davvero il bisogno di spiegare per la centomillesima volta la mia scelta di avere figli attraverso la gestazione per altri. Ma quando ho visto che Internazionale, il giornale per cui scrivo, ha pubblicato un commento di profondamente critico sull’argomento, mi sono sentito chiamato in causa. Così davanti a una pagina bianca, e con il leggero sapore di nausea che si avverte quando del cibo digerito da tempo ti si ripresenta in bocca, sono andato a ripescare per l’ennesima volta le solite spiegazioni, informazioni e princìpi che vado ripetendo da anni nei post, alle conferenze, nelle chiacchiere al bar.

Ma la pagina alla fine è rimasta bianca. Perché sono stanco di parlare. Perché non sono più certo che le persone, tra cui Martín Caparrós, che amano riempirsi la bocca di frasi a effetto come genitori 2.0, bambini made in India o compravendita di neonati siano effettivamente capaci di fermarsi un attimo e ascoltare una semplice verità sul tema di cui parlano tanto ma sanno così poco. E cioè, che una via corretta alla gestazione per altri esiste.

Avrei talmente tante argomentazioni per convincere gli scettici da poterci scrivere un libro. E infatti l’ho già scritto. Ma stavolta risponderò a chi è convinto che la maternità surrogata sia sempre sinonimo di sfruttamento, mercificazione, misoginia, compravendita, costrizione con questa semplice foto.

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Le due donne che sono insieme a noi nella foto sono le straordinarie persone che ci hanno permesso di diventare una famiglia, una mettendoci a disposizione degli ovuli e l’altra portando avanti per noi due gravidanze. Guardatele bene: non sono povere. Non sono sfruttate. Non sono stupide. E non sono pentite. Sono due donne che hanno preso una decisione libera e personale, e di cui vanno profondamente fiere. Dov’è il dramma? Dov’è la fine del mondo? Sorpresa: non c’è.

Ma a questo punto non è fondamentale convincere più nessuno. Che i giornalisti e i loro lettori che gridano alla scandalo senza prima informarsi continuino pure a fare di tutta l’erba un fascio. Io sono sereno, perché mi basta che a sapere la verità siano i nostri figli.

Concorso #battitoCD

Passeggiando per i vicoli di Copenaghen io, Manlio e i bambini ci siamo infilati in un succosissimo negozio di cd usati dove abbiamo passato un’irragionevole quantità di tempo. Con mia grande sorpresa, nella vaschetta dei cd singoli ho trovato una dopo l’altra ben dodici canzoni della colonna sonora di E il cuore salta un battito (che trovate in streaming qui) ed è così che mi è venuta l’idea: perché non regalarli ai miei efficientissimi lettori e lettrici, che mi stanno mandando delle foto così belle?

Vi presento quindi il Concorso #battitoCD.

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In palio ci sono dodici cd singoli di altrettanti gioielli dance-pop contenuti nel romanzo, ma non è tutto: all’interno di ognuno ho scritto a mano un piccolo aneddoto che mi lega a quel brano. Consegnerò i dischi personalmente ai vincitori l11 settembre 2015 all’evento organizzato dal Gay Village di Roma con Vladimir Luxuria (chi non potrà essere a Roma li riceverà a casa).

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Ora voi vi chiederete: e come si vincono questi dodici cd? È molto semplice: continuate a postare sul vostro o sul mio profilo facebook una foto in cui appare una copia di E il cuore salta un battito e taggatemi. Io continuerò a raccoglierle tutte in questo album fotografico. Le dodici foto che riceveranno più mi piace si aggiudicheranno i cd. Quindi inventatevi una bella foto 😉

La lista completa dei cd è questa:

The Source featuring Candi Staton – You got the love

Madonna – The Power of goodbye

Todd Terry – Something goin’ on

Robert Miles – Children

Fragma – Toca’s miracle

Faithless – Insomnia

UB40 – (I can’t help) falling in love with you

Sonique – It feels so good

Darude – Sandstorm

Brandy & Monica – The boy is mine

Chicane – Saltwater

Olive – You’re not alone

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E in fine ecco una lista precisa del regolamento:

– La foto deve contenere in qualche modo una copia di E il cuore salta un battito (copertina, pagine, quarta di copertina eccetera).

– Postate la foto sul vostro profilo o sul mio e taggatemi (e se volete aggiungete anche l’hashtag #battitoCD)

– Ognuno può partecipare con quante foto vuole.

– I vincitori saranno i dodici scatti che otterranno più mi piace entro il 12 settembre.

Non vedo l’ora ci cominciare questo gioco. Di foto me ne avete mandate già tante, che ho adorato una per una, ma sarà una buona occasione per farsene un’altra ancora più originale e partecipare comunque al grande montaggio di foto che comporrò alla fine dell’estate. Quindi pronti, partenza, click!

Claudio

#battitoTour 2015

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Venerdì 19 giugno
FIRENZE
Zap – Zona Aromatica Protetta, Vicolo di Santa Maria Maggiore 1
ore 19:30

sabato 20 giugno
GENOVA
Libreria Feltrinelli, Via Ceccardi 16
ore 16.30
Interviene Monica Cirinnà. Modera Samuele Cafasso

sabato 20 giugno
VERSILIA
Libreria Nina, Via Mazzini 54, Pietrasanta (LU)
ore 21:30

mercoledì 24 giugno
PADOVA
Pride Village
ore 21.00
Interviene Filippo Biondi

giovedì 25 giugno
MILANO
La Casa dei diritti, Via Edmondo de Amicis 10
ore 20.00

venerdì 26 giugno
BOLOGNA
Libreria Zanichelli, Piazza Galvani 1/H
ore 18.00

venerdì 26 giugno
FERRARA
Ibs+Libraccio, Palazzo S. Crispino in Piazza Trento Trieste
ore 21.00

sabato 27 giugno
TORINO
Libreria Trebisonda,Via Sant’Anselmo, 22
ore 11.00

domenica 28 Giugno
PERUGIA
Pride Village, Giardini del Frontone
ore 16.30

lunedì 29 giugno
FOGGIA
Libreria Ubik, Piazza Giordano Umberto
incontro serale

mercoledì 1 luglio
NAPOLI
Arcigay Napoli, Vico San Geronimo 17
ore 18.30

giovedì 2 luglio
ROMA
Libreria Feltrinelli, Piazza Colonna (Galleria Sordi)
ore 18.00

Giovani, carini e candidati

Visi giovani e iperfotogenici, e una grafica dal gusto impeccabile: i manifesti delle elezioni danesi previste per il 18 giugno mettono una gran voglia di correre alle urne.

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L’unico rischio è che cotanta bellezza possa trasformare la campagna elettorale in un concorso di bellezza. O, peggio, in un film porno: : il candidato John Erik Wagner, noto provocatore delle scena politica danese, ha tappezzato il centro di Copenaghen con i suoi manifesti in cui appare in nudo integrale, abbigliato solo con cappello e cinturone da Cowboy. Tra le misure per cui si batte c’è quella che tutti lavorino solo sei mesi l’anno e abbiano gli altri sei di vacanza.

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Le sconfitte per l’umanità

Caro prete di cui adesso non ricordo il nome, accanto al matrimonio tra due persone dello stesso sesso è doveroso citare le altre dieci grandi sconfitte per l’umanità:

– I paesi dove non esiste il bidet
– I birkenstock portati con i calzini
– Il declino delle vendite di Barbie per il terzo anno consecutivo
– La presenza di Giovanardi in parlamento
– La mancata vittoria dell’Italia a Eurovision 2015
– L’assenza di una donna su qualunque banconota americana
– I 15 gradi di massima che hanno fatto oggi qui a Copenhagen
– Il litigio tra Paola e Chiara
– I pesciolini che ti mangiano le pellicine dei piedi
– Il bastoncino per selfie.

Siamo tutti spacciati.

Cari Dolce e Gabbana

In un’intervista rilasciata a Panorama insieme al collega Stefano Gabbana per promuovere la loro nuova collezione e i loro vecchi valori, Domenico Dolce ha dichiarato:

Tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere.

A pochi giorni dall’inizio del nostro boicottaggio di Armani, colpevole di aver allacciato il mantello a Madonna troppo stretto e di averla fatta cadere dal palco, adesso ci tocca boicottare anche Dolce e Gabbana. Che strazio. E così io, sotto gli occhi dei miei tre vivacissimi bambini sintetici, ieri ho dovuto tirar fuori dall’armadio tutti – ma proprio tutti – i miei perizomi di Dolce e Gabbana e farne un falò.

L’idea me l’ha data Courtney Love: lei, però, mentre tentava di dare fuoco a un vecchio portaocchiali Dolce e Gabbana, siccome era ubriaca ha finito per dare fuoco a tutta casa (sono già attivi gli hashtag di sostegno ‪#‎JeSuisCourtneyLove‬ e‪#‎JeSuisUbriaca‬). Ora noi omosessuali modaioli viviamo nel sacrosanto terrore che Miuccia Prada sia la prossima a fare un passo falso – tipo dichiarare che solo le donne possono mettersi le sue scarpe con il tacco a spillo – e a costringerci a boicottare anche lei.

Il che ci lascerebbe letteralmente in mutande, visto che i tanga li abbiamo già bruciati tutti e che abbigliamento di marche meno fashion di Armani, Dolce e Gabbana e Prada, lapidateci, ma non ce la sentiamo proprio di portarlo.

E non pensiate che vedere dei gay in mutande sia un bello spettacolo: sono finiti i tempi dei ragazzi muscolosi sui carri del pride. Ora siamo tutti padri di bambini sintetici, portiamo mutande sintetiche e, visto che nel frattempo il boicottaggio di Barilla è finito, non risparmiamo neanche un carboidrato sulla nostra strada.

Il mio quindi è un appello accorato a Miuccia: Miuccia, se mi stai leggendo, ti prego, tieni la bocca chiusa. Non costringerci a sguinzagliarti contro Heather Parisi e Victoria Beckham, perché poi qualcuno si farà male davvero.